Dopo
la vittoria record alle Europee, il
Partito
democratico trionfa
anche alle amministrative:
il
centrosinistra strappa
le regioni Piemonte
e
Abruzzo
a
Lega
Nord e
Forza
Italia.
La
scelta della Regione Abruzzo di accollarsi tutta la macchina
organizzativa di gestione e raccolta dati delle elezioni regionali si
è dimostrata errata. I mezzi tecnici in dotazione alla Regione
Abruzzo di fatto non hanno retto al tipo di lavoro che richiede una
giornata particolare come quella elettiva. E se non bastava il
collasso del sistema tecnico ci si è messo anche l’errore
matematico nelle percentuali fornite non avevano come somma obbligata
il 100%. Solo dopo quattro ore è stata diramata una nota ufficiale
che spiegava l'errore come un “problema tecnico del programma”.
Nonostante
questi problemi tecnici il centrosinistra
si impone anche in Abruzzo,
che si è affidato all’ex sindaco di Pescara (non renziano) Luciano
D’Alfonso, con
il 46,6% dei suffragi. Sul neo governatore resta però l’ombra dei
guai giudiziari, considerato come sia imputato per truffa e falso (ma
ha già detto che non si dimetterà in campagna elettorale). Bocciato
l’ex governatore forzista Gianni
Chiodi, passato
in 5 anni dal 48,81% del 2008 al 29,3% ottenuto ieri. Ha pesato sul
voto anche lo scandalo della notte in albergo passata con una signora
promossa dalla sua amministrazione e l’indagine per la vicenda
rimborsi. Delusione alle regionali abruzzesi per il M5S,
con
Sara
Marcozzi che
non ha fatto più del 21%, nonostante sia arrivato anche Grillo per
sostenere la candidata in campagna elettorale. Più indietro il
candidato della sinistra radicale, Maurizio Acerbo, che ha chiuso con
il 3% circa.
Oltre
a conquistare già al primo turno 8
sindaci su 27 capoluoghi di provincia,
comprese le città di Firenze,
con
un plebiscito a favore di
Dario Nardella, Prato e
Pesaro,
altri 11 candidati sono stati i più votati,
con ottime possibilità di essere eletti al ballottaggio
del
prossimo 8
giugno.
Al centrodestra restano soltanto Teramo, Ascoli Piceno, Tortolì
(Ogliastra). Con la parziale delusione di Pavia,
dove
il “rottamatore” azzurro Alessandro
Cattaneo, che
Berlusconi vorrebbe nominare nuovo “capo scouting” forzista con
Toti, è stato costretto al secondo turno fermo al 46,6% (nonostante
sia lontano l’avversario di centrosinistra).
I
democratici sbancano le uniche due regioni in corsa per il rinnovo
dei Consigli e della presidenza. L’ex sindaco torinese Sergio
Chiamparino con
il 47% ha doppiato gli avversari (Gilberto Pichetto per il
centrodestra, al 22,1% e Davide Bono del Movimento
5 Stelle al
21,5%), chiudendo l’esperienza travagliata della giunta Cota alla
guida di Palazzo Lascaris, culminata, dopo ricorsi e controricorsi,
con l’annullamento del voto del 2010 (senza dimenticare lo scandalo
Rimborsopoli). Molto lontani gli altri candidati sindaco: Guido
Crosetto (Fratelli d’Italia) si è fermato al 5,18%, Enrico Costa
(Ncd) al 3,07% e Mauro Filingeri (L’altro Piemnte a sinistra)
all’1,13%. «Ho sempre avuto fiducia nei piemontesi, saranno con
me. Da oggi ci metteremo al lavoro, spero di cambiare verso, per quel
che c’è da cambiare. Il primo atto sarà lavorare per il piano dei
progetti europei e quello di abolire i rimborsi regionali e le
indennità come promesso», ha spiegato.
Y.D.
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