Sono passate appena due
settimane dall'approvazione del decreto legge tanto atteso e
pubblicizzato dal Premier Matteo Renzi sui famosi 80 euro di aumento
in busta paga e sui vari tagli, tra cui Irpef e Difesa, che già
escono alcuni lati oscuri. Dopo il mancato inserimento nel dl delgli
incapienti e delle partite Iva, ora emerge anche un altro dato che
lascia un po' perplessi tutti. Andando infatti ad esaminare più
attentamente il testo e in particolare il secondo comma, non vi si
trova alcuna traccia dell' aumento di 80 euro tanto sbandierato dai
mezzi di informazione, bensì viene precisato che il credito viene
rapportato al periodo di lavoro nell' anno.
Da questa precisazione si
evince che il credito è “teoricamente” di 80 euro, ma in realtà
la cifra reale è di 55,33 euro.
Il testo, infatti, non
indica il valore mensile ma il valore annuo, cioè 640 euro riferito
all' intero valore d'imposta. Questo significa che un lavoratore che
lavora da gennaio a dicembre riceverà, con riferimento a ciascuno
dei mesi in cui ha prodotto reddito da lavoro dipendente, 55,33 euro
(640 diviso 12).
Ma non è tutto. Non
mancano le sorprese e i controsensi.
Continuando ad esaminare
il dl infatti, si nota che curiosamente i redditi tra i 18mila e i
24mila euro annui lordi (chi guadagna tra i 1200 e i 1500 euro al
mese) godrà appieno del bonus, mentre quelli più bassi compresi tra
gli 8mila e i 18mila annui lordi, anziché avere di più avranno di
meno e cioè un bonus del 3,5 % del reddito complessivo, malgrado
siano proprio quelli che ne avrebbero più bisogno. Ma ormai il
BelPaese ci ha abituato a questo gioco dei contrari.
Malgrado questa pecca ai
lavoratori non dispiace questo mini aumento di busta paga anche se,
come abbiamo già trattato sul numero scorso, quasi nessuno di loro
intende immettere sul mercato questa liquidità e quindi non sarà un
incentivo a smuovere i consumi.
Ma se da un lato il
Governo ha concesso ai cittadini questo “zuccherino”, dall' altro
sono pronti nuovi aumenti di tassazione. Uno tra tutti il ritocco al
rialzo dell'equo compenso, il contributo aggiuntivo su dispositivi
come smartphon, tablet o pc. La partita vale oltre 200 milioni di
euro e può comportare un aggravio di oltre 4 euro sul prezzo dei
cellulari che già in Italia sono i più cari d' Europa.
Alti e bassi insomma in
un Paese che sembra cerchi di trovare la strada giusta anche se la
meta appare ancora molto lontana. L'Unione Europea ci da ancora per
lontani da una crescita e lo spettro della Grecia rimane sempre
dietro l'angolo.
Y.D.
Nessun commento:
Posta un commento